Skip links
Dall’inizio dell’emergenza sanitaria da Covid-19 ad oggi il legislatore ha introdotto e poi prorogato il divieto di licenziamenti collettivi ai sensi della legge n. 223/1991.

Divieto di licenziamento: costi e alternative

Il decreto-legge n. 137/2020, meglio noto come Decreto Ristori, ha prorogato il divieto di licenziamenti collettivi e individuali per motivi economici al 31 Gennaio 2021. La bozza della legge di bilancio del 2021 proroga il divieto di licenziamento al 31 Marzo 2021.

Dall’inizio dell’emergenza sanitaria da Covid-19 ad oggi il legislatore ha introdotto e poi prorogato il divieto di licenziamenti collettivi ai sensi della legge n. 223/1991.

Il divieto di licenziamento incide profondamente sui costi relativi alla gestione del personale dipendente, ma possono essere adottate delle misure idonee a ridurre tali costi in un’ottica di sopravvivenza dell’azienda stessa.

Dall’inizio dell’emergenza sanitaria da Covid-19 ad oggi il legislatore ha introdotto e poi prorogato il divieto di licenziamenti collettivi ai sensi della legge n. 223/1991 ed individuali per motivi economici così come disciplinati dalla L. 604/1966.

La ratio sottesa al provvedimento del divieto di licenziamento è da rinvenire nella salvaguardia dei posti di lavoro, controbilanciando, al contempo, tale pesante restrizione alla libertà di iniziativa economica, con la previsione di strumenti di integrazione salariale per i datori di lavoro che riducono o sospendono la propria attività per esigenze connesse all’emergenza sanitaria da Covid-19.

Poiché le imprese sono sempre più colpite dalla crisi economica derivante dall’emergenza sanitaria e gravate, anche, dai costi scaturenti dal blocco dei licenziamenti, diventa fondamentale poter individuare, nell’ambito del diritto positivo, tutti quegli istituti che possono incidere sul costo del personale e che posso essere adottati durante l’emergenza pandemica.

Distacco e accordi sindacali nel divieto di licenziamnento

Ai sensi del comma 4, articolo 30, D. Lgs. n. 273/2003, resta ferma la disciplina prevista dall’articolo 8, comma 3, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236 secondo cui gli accordi sindacali, al fine di evitare le riduzioni di personale, possono regolare il comando o il distacco di uno o più lavoratori dall’impresa ad altra per una durata temporanea.

In questa ipotesi, l’interesse del distacco è stato direttamente individuato dal legislatore, ossia la tutela dei posti di lavoro. Il requisito della temporaneità comporta, in capo al datore di lavoro, l’onere di verificare l’andamento della crisi, poiché una volta cessata, verrà meno l’interesse al distacco.

Il rimborso dei costi relativi al personale distaccato è legittimo. Infatti, il rimborso al distaccante della spesa del trattamento economico non ha alcuna rilevanza ai fini della qualificazione del distacco genuino.

Del resto, poiché il lavoratore distaccato esegue la prestazione non solo nell’interesse del distaccante, ma anche nell’interesse del distaccatario, la possibilità di ammettere il rimborso rende più lineare e trasparente anche l’imputazione reale dei costi sostenuti da ogni singola società.

Leave a comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Explore
Drag